A cura di Marco Lai, docente di diritto del lavoro presso il Centro Studi Cisl di Firenze
E' opportuno innanzitutto precisare i tratti essenziali e le prerogative dell'Rls. Significativa novita' della nostra normativa sulla sicurezza del lavoro e' appunto l'istituzione in tutti i luoghi di lavoro della figura dell'Rls, con un ruolo consultivo/propositivo assai diverso dal tradizionale ruolo negoziale svolto dalla rappresentanza sindacale. Nelle aziende fino a 15 dipendenti il Rls puo' essere individuato anche a livello territoriale (Rlst) come ad esempio e' avvenuto nel comparto artigianato. Le attribuzioni dell'Rls (sia aziendale che territoriale) sono elencate nell'art. 19 del d.lgs. n.626/94. Esse riguardano: il diritto di accesso ai luoghi di lavoro; i diritti di consultazione, in particolare sulla valutazione dei rischi; i diritti di informazione e formazione; il diritto di formulare proposte ed osservazioni; il diritto di richiedere l'intervento delle autorita' competenti qualora si ritenga che le misure adottate dal datore di lavoro non siano sufficienti. L'Rls deve inoltre disporre del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita della retribuzione, nonche' dei mezzi necessari per l'esercizio delle sue funzioni e facolta'. Le modalita' di esercizio di tali attribuzioni, alcune abbastanza vaghe come la disposizione da ultimo citata, sono state peraltro meglio specificate dalla contrattazione collettiva per i diversi settori produttivi. In merito alla questione specifica della tutela dell'Rls, l'art. 19, comma 4, prevede che "il rappresentante per la sicurezza non puo' subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita' e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali". Soffermiamoci su tale disposizione. Si stabilisce innanzitutto un divieto generale di discriminazione (retributiva, di carriera, ecc.
) a causa dell'attivita' di Rls. Laddove si individuasse un'ipotesi di tal genere e' peraltro richiamabile anche l'art. 15, dello Statuto dei Lavoratori, che prevede il divieto di atti discriminatori, tra l'altro a causa della partecipazione del lavoratore ad "attivita' sindacale"; nel caso dell'Rls si tratta infatti di un ruolo per certi versi istituzionale, cioe' espressamente e necessariamente regolato da una legge dello Stato. Si ricorda che in tal caso l'atto discriminatorio e' colpito dalla grave sanzione di nullita' (cioe' e' come se non fosse mai esistito).Si puo' peraltro aggiungere che il datore di lavoro, il dirigente e il preposto che non permettano ai lavoratori di verificare, mediante il Rls, l'applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute, vanno incontro a sanzioni penali (pari, i primi due, all'arresto da 2 a 4 mesi o all'ammenda da 1 a 5 milioni) ai sensi dell'art. 89, comma 2, lett. b), del dlgs. 626/94, per la violazione dell'art. 4, comma 5, lett. m), primo periodo dello stesso decreto. La disposizione in esame prevede inoltre che al Rls si applichino "le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali". Il richiamo e' in particolare al titolo III dello Statuto dei lavoratori. Cosi' facendo riferimento a casi concreti si e' ritenuto illegittimo il trasferimento dell'RLS da una unita' produttiva ad un'altra senza il necessario nulla osta della associazione sindacale di appartenenza, in base all'art.22 dello Statuto dei lavoratori (cosi' Pret. Torino 13/1/97, in DPL, n.8/97, p.494). Al Rls si puo' anche applicare la disciplina posta dall'art. 18, ultima parte, dello Statuto, relativa al dirigente sindacale che sia stato illegittimamente licenziato. Cio' peraltro apre la strada ad un'estensione della tutela posta dallo Statuto anche alle aziende con meno di 15 dipendenti, dal momento che l'individuazione del Rls, aziendale o territoriale che sia, e' necessaria anche in tale ipotesi. D'altro lato la tutela assicurata dall'art. 19, comma 4, e' di carattere generale e deve dunque applicarsi anche al rappresentante territoriale. Meno praticabile, almeno direttamente ad opera del Rls, sembra invece il ricorso al pretore ai sensi dell'art. 28, dello Statuto dei lavoratori, per reprimere comportamenti volti ad impedire o a limitare l'attivita' di tutela della salute nei luoghi di lavoro. Unico soggetto legittimato all'azione di cui all'art. 28 e' infatti il sindacato locale (piu' precisamente l'organismo locale della associazione sindacale che vi abbia interesse). E' dunque al sindacato locale di appartenenza che il Rls deve rivolgersi per richiedere un intervento ai sensi dell'art. 28. La disposizione va peraltro letta in connessione con quanto stabilito dall'art. 20 del decreto 626, che attribuisce agli organismi paritetici territoriali, tra l'altro, la funzione di "prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti". E dunque essi sono chiamati a decidere principalmente sull'applicazione dell'art. 19, sulle attribuzioni del Rls, cosi' come specificate negli accordi collettivi intervenuti ai vari livelli (si pensi ad esempio al diritto di accesso ai luoghi di lavoro o alle prerogative del Rls in materia di consultazione, informazione e formazione). Tutto cio' in connessione con lo spirito della legge che affida alla contrattazione collettiva e alla gestione sindacale la definizione di molti aspetti concernenti la partecipazione dei lavoratori e delle loro rappresentanze ai temi della sicurezza.
SUGLI OBBLIGHI DEI LAVORATORI E LORO TUTELE
Da piu' parti si e' sottolineato, con particolare enfasi, il nuovo ruolo richiesto dal decreto al lavoratore: non piu' destinatario passivo di precetti da eseguire, ma soggetto attivo e responsabile della sicurezza propria e di quella altrui. I lavoratori non sono peraltro solo destinatari di diritti, ma anche di obblighi. Il riscontro normativo del diverso ruolo del lavoratore e' principalmente rappresentato dall'art. 5, comma 1, del dlgs. 626, laddove si afferma che "ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni
" Il coinvolgimento del lavoratore trova poi un ulteriore sviluppo nel precetto, sanzionato, di contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorita' competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori durante il lavoro. E' questa, insieme all'obbligo espressamente disposto di sottoporsi a controlli sanitari e di partecipare alla formazione aziendale in materia di sicurezza, una novita' di rilievo rispetto alla normativa precedente. Tra gli obblighi a carico del lavoratore vi e' anche quello di "segnalare immediatamente" al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dispositivi di protezione nonche' le altre eventuali condizioni di pericolo di cui venga a conoscenza, dandone peraltro notizia al Rls (art. 5 comma 2, lett. d).Risulta che talvolta nelle piccole imprese siano intimiditi in relazione a tali segnalazioni. La situazione e' alquanto paradossale perche' in tal caso non e' limitato tanto l'esercizio di un diritto quanto di un dovere, peraltro sanzionato a carico del lavoratore. Il lavoratore potra' dunque sempre rivendicare (e provare) l'impossibilita' di svolgere un suo dovere. La responsabilita' in tal caso, e a maggior ragione ove si dia luogo ad un infortunio, ricade sul datore di lavoro, il quale peraltro, ai sensi dell'art. 4, comma 5, lettera f), del dlgs.626, e' tenuto a "richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti
" e dunque anche dell'obbligo di segnalazione in caso di pericolo. Piu' in generale si puo' richiamare anche la lettera m), dell'art.4, comma 5, sopra citata, circa i poteri del Rls. E' chiaro che al di la' del dato normativo spetta al Rls aziendale, e ancor di piu' a quello territoriale, programmare al meglio la propria azione mediante un rapporto diretto e continuativo con i lavoratori che rappresenta. La violazione da parte del lavoratore dei suoi obblighi puo' comportare oltre a sanzioni penali anche sanzioni disciplinari. Ad attenuare la portata degli obblighi posti a carico del lavoratore resta comunque la verifica dell'esistenza dei presupposti necessari per il loro adempimento. Gli impegni del lavoratore vanno infatti valutati "conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro" (art. 5, comma 1). Se dunque la formazione, le istruzioni o i mezzi forniti, sono carenti, si puo' ritenere che la responsabilita' del lavoratore sia minore, se non addirittura inesistente.